L’intelligenza dell’intelligenza

Paolo Giovine
11 min readJan 13, 2023

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Da un po’ di mesi sperimento modelli applicativi di intelligenza artificiale e leggo un po’ di buoni libri che ne descrivono le traiettorie, il migliore tra tutti AI2041 di cui ho già scritto in passato.

Per evitare che i profani si arrendano dopo poche righe, spiego: la sperimentazione consiste nell’utilizzare degli strumenti che a fronte di un “comando” scritto (in gergo, “prompt”) producono dei testi, delle immagini, dei video, del codice, delle formule, delle check list et cetera; l’elenco è lungo, per farsi un’idea qui.

L’immagine che apre questo post l’ho prodotta su Discord con Midjourney: ho scritto, in inglese, che volevo una immagine di una “giovane donna con gli occhi verdi fiammeggianti vestita di giallo e blu in uno stile fantasy” e dopo 60 secondi ho ottenuto la risposta che vedete sopra. Ho descritto l’immagine che desideravo ricevere e Midjourney ha risposto con quello che ha ritenuto essere uno dei risultati migliori a fronte dell’input ricevuto (Midjourney fornisce 4 opzioni e si può avviare un percorso per ottenere ulteriori “varianti”).

Qualche tempo fa una delle mie figlie mi ha chiamato sconsolata: un professore le aveva richiesto il sabato pomeriggio un compito per il lunedì, rendendole impossibile il week-end come già organizzato; trattandosi di un breve tema inferiore alle 20 righe, abbiamo aperto ChatGPT e chiesto di scrivere il tema in questione, procedendo con indicazioni successive (“puoi approfondire questa cosa?”, “puoi aggiungere un commento su questo?”, “puoi esprimere questo concetto in modo più sintetico?”). Il risultato è stato discreto, un sette (ma so che la figlia in questione sta migliorando l’efficienza dello strumento, anche con votazioni molto più importanti). Tornerò dopo sul tema scuola, per frenare chi sta per denunciarmi ai carabinieri.

Le domande sono tante, ho provato a cercare delle risposte con un po’ di pratica, qualche lettura e conversazione con le molte persone che ne sanno più di me.

1) Che significa “Intelligenza Artificiale”?

L’espressione cerca di rappresentare una capacità di comprensione della realtà che prescinde dall’utilizzo di una intelligenza umana, ed in questo senso è “artificiale”; si vuole definire una intelligenza della nostra intelligenza, un processo alimentato, non esclusivamente ma molto spesso, dal cosiddetto “machine learning”.

La questione in realtà è più complessa, e la sua complessità è alla base di molte visioni distopiche o apocalittiche sulla possibilità che le macchine imparino al punto di poter rappresentare un pericolo per il genere umano: oggi è normalmente accettato che l’intelligenza artificiale non sia altro che una accelerazione di alcune capacità specifiche del nostro cervello (ad esempio, il calcolo), che si basa però sempre e fondamentalmente sulle conoscenze sedimentate dall’intelligenza umana. Un’intelligenza artificiale mette in ordine, computa, utilizza infinite combinazioni ma, alla fine, “inventa” poco: o meglio, quella che ci sembra invenzione è l’esito di una infinita capacità di elaborazione, che mette insieme così tanti pezzi e così velocemente da sembrare irraggiungibile per il cervello umano. Invece, teoricamente, lo sarebbe, in un tempo quasi infinito in alcuni casi, ma lo sarebbe; possiamo certamente stabilire che anche questa capacità sia invenzione, ma il perimetro sembra in qualche modo predefinito, anche se alcune strategie di gaming (scacchi e alpha go) o alcuni calcoli impossibili senza macchine possono essere considerate vere e proprie scoperte.

Quando l’intelligenza artificiale inizierà a superare limiti del nostro cervello che non siano solo temporali, ma realmente cognitivi, allora lo scenario cambierà drasticamente: perché potrebbe sorprenderci con risultati che non siamo in grado di capire, potrebbe prendere decisioni che il nostro cervello non avrebbe mai preso, insomma potrebbe avere esiti, etimologicamente, imponderabili perché la loro gravità non ci è nota.

Oggi siamo molto lontani da queste ipotesi (e sottolineo, molto), ma iniziano a porsi questioni di etica e di modalità d’uso che a breve diventeranno centrali per chiunque.

2) Che limiti dobbiamo imporre all’Intelligenza Artificiale?

La domanda è serissima e la risposta estremamente articolata; Oxford e tante altre università in tutto il mondo si occupano strutturalmente di questi temi, si cerca di regolare scelte e comportamenti. L’Unione Europea sta lavorando sul AI Act con l’obiettivo di mitigare i rischi dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale e fornire un quadro regolamentare attuabile.

Riteniamo giusto usare l’intelligenza artificiale per riconoscere i volti di persone che passeggiano per strada? Quali sono i motivi per limitare la privacy di un cittadino del mondo libero?

Ed ancora, un dilemma scolastico: se siamo a bordo di un taxi, guidato non da un umano ma da una intelligenza artificiale, ed una bambina all’improvviso ci taglia la strada, che scelta ci aspettiamo? Usciamo bruscamente di strada per salvare la bambina e sacrificare noi? Andiamo dritti perché lei, seppur inconsapevolmente, ha violato una regola?

Altro argomento centrale, i bias (pregiudizi) che l’intelligenza artificiale impara da quello che abbiamo letto e sentito per centinaia di anni: che i bianchi sono meglio dei neri, le donne perfette per cucina e stiro e altre simili amenità. Se l’intelligenza lavora sulla nostra intelligenza, prima o poi la nostra “imperfezione” o il nostro “disaccordo” emergono. Facciamo elaborare il parere di un emiro qatariota sulle relazioni omosessuali, e scopriremo che il risultato non sarà allineato con la nostra idea di sintesi migliore del pensiero umano.

Infine, dobbiamo limitare il raggio d’azione dell’intelligenza artificiale? Possiamo immaginare che dei droni vadano in missione e decidano di uccidere senza una vera autorizzazione umana? Con che coraggio e protezione potrà un uomo decidere che il più potente computer del mondo, in una missione che costa qualche milione di dollari, sta sbagliando?

3) Che ci dobbiamo aspettare, nel breve?

Io ho testato le cose semplici, a portata della mia capacità e tempo.

Intanto sappiamo che quasi tutto quello che si è visto negli ultimi mesi veniva già usato come motore di tantissime cose che usiamo da anni. Ad esempio, vediamo come Google completa le nostre ricerche suggerendoci un finale, oppure traduciamo con Translated che usa l’intelligenza artificiale da anni (“senza dirlo troppo in giro”, come ha detto qualche tempo fa il fondatore, perché tutti temevano gli errori della macchina); da un anno almeno Github aiuta a compilare codice con Copilot e siamo da tempo perseguitati da bot che interpretano le nostre proteste per un volo cancellato.

Uno dei fronti che ha avuto più risonanza è quello delle immagini, dove, come dimostra quella prodotta da me, chiunque può produrre quasi qualsiasi cosa; non è ancora possibile stabilire davvero a quale livello medio, vero è che alcune cose sono incredibili (guardare Motherworm su Instagram), che il più aggredibile sembra essere il mondo del fantasy e il cyberpunk, ma in generale su questo fronte sembra che la crescita di capacità sia esponenziale, e che potremmo a breve trovare difficile riconoscere dei “fotomontaggi fatti con intelligenza artificiale” da una foto vera. Le immagini alimentano anche il mondo del “deepfake”, quello che ci consegna già ora film pornografici intepretati da ignare attrici di Hollywood o personaggi famosi che pronunciano discorsi mai fatti: perché anche l’audio viene manipolato sempre più facilmente, tanto che molte aziende stanno campionando voci celebri per derivarne voci “apprezzabili” dal nostro cervello (che è un po’ abitudinario e sentimentale, ma anche su questo dopo).

Come disegna un’intelligenza artificiale? Copiando all’infinito, da infinite fonti, ricombinando al meglio le indicazioni ricevute integrate anche con elaborazioni originali che derivano dall’osservazione di schemi ricorrenti. Io stesso ho dato una indicazione stilistica (“stile fantasy”) che ha orientato la mia opera; oggi è difficile immaginare che un’intelligenza artificiale capisca davvero un taglio di Fontana, ma sicuramente ha metabolizzato un modo di rappresentare le cose che ricorda superficialmente quello di Van Gogh (l’immagine è Torino vista da Van Gogh secondo DALL-E).

Un panorama torinese dipinto da Van Gogh secondo DALL-E

Queste cose non sono originali in senso proprio, perché non lo sembrano essere per definizione: l’intelligenza artificiale consulta miliardi di fonti, le “polverizza” e poi le ricostruisce secondo percorsi guidati da miliardi di parametri, che eliminano il rumore e restituiscono il risultato giudicato migliore; gli stessi parametri possono funzionare bene o male, c’è una certa imprevedibilità nel modello. Le fonti sono il problema, che viene scomposto in incalcolabili “unità minime” e poi risolto in una ricombinazione, arricchita da contributi introdotti sulla base dei parametri dati, come per riempire degli spazi bianchi. Anche per questo il dibattito sull’utilizzo di queste immagini è aperto: non essendo dimostrabile il processo, teoricamente potrebbe apparire un’immagine troppo simile a quella coperta da un diritto altrui. Per questo Getty per ora rifiuta la commercializzazione di immagini prodotte con l’intelligenza artificiale, così come molti editori che hanno dichiarato di volersi muovere con estrema prudenza.

In un certo senso tutti gli output sono mash-up arricchiti un po’ randomicamente, il genere prevalente del futuro sembra essere quello. Però, come spiega benissimo lo splendido articolo di Franc Pavich, le macchine possono aiutarci a simulare film mai visti o film che vorremmo fare, a disegnare mondi che noi abbiamo solo intuito o abbozzato: questa infinita capacità di elaborazione è sempre più affascinante, e può essere di grandissimo stimolo alla creatività.

Anche sul testo si sta lavorando assai, e ChatGPT sta per spostare ulteriormente il confine con la versione 4 già annunciata: l’obiettivo è ottenere testi quasi indistinguibili da quelli prodotti dal cervello umano, con risultati già eccellenti sulle sfide poco creative (costruzione di manuali, check list, bibliografie, note, tassonomie, correzioni), con qualche problema invece dove è rilevante la componente creativa. Ho ottenuto soddisfacenti testi di rielaborazione pura (il tema di cui sopra, un memo, una check list, una sintesi) mentre mi sembra bassa la possibilità di costruire una buona opera di narrativa: la si può fare, ma è scarso il risultato, almeno per il mio palato di lettore mediamente forte. Nei prossimi mesi mi aspetto l’ondata di libri sulla qualsiasi di qualsiasi influencer, ma non il novello Franzen Ai generated.

Comunque la sindrome della pagina bianca viene un po’ alleviata: io ho scritto un primo capitolo di un libro con ChatGPT, non lo pubblicherei mai così ma qualche spunto me l’ha dato, ha spostato la mia attenzione su cose che non stavo vedendo; va detto, in mezzo ad un mare di luoghi comuni, perché la sintesi dell’intelligenza umana è mediamente banale.

4) Noi sul divano, la macchina al lavoro

Sono passati tanti anni dalla celeberrima ricerca sui lavori che sarebbero stati sostituiti progressivamente dalle macchine, per lo più guidate da intelligenze artificiali; la direzione rimane quella della sostituzione di molti lavori, soprattutto a scapito della manodopera di basso profilo (perché le macchine sono più precise e non si stancano, distraggono o annoiano).

La novità è che anche cose per cui il talento umano sembrava inavvicinabile (lo sviluppo di un gioco online, di una app, di un programma per l’automazione) sono sempre più alla portata delle macchine, che ridurranno drasticamente i tempi di sviluppo, aumentando la capacità di gestione della complessità. Oggi per lo più si usano dei “compilatori automatici” per sbrigare faccende lunghe ma non particolarmente complicate; si correggono gli errori umani e si costruiscono pezzi di un insieme che uno sviluppatore bravo poi assembla; nel medio periodo cambierà il livello di complessità affrontate, e i più bravi saranno abilissimi a scrivere dei prompt (e, io credo, a rivenderseli in qualche modo).

Più in generale, la maggiore consapevolezza sulle possibilità d’uso porterà un’utenza sempre più larga ad utilizzare questi strumenti, per fare cose private o professionali, più o meno sofisticate, quasi sempre risparmiando tempo e denaro; la qualità aumenterà progressivamente, come tutto quello che ha a che fare con la tecnologia, quando viene usata bene.

Alcune cose importanti cambieranno radicalmente: diagnosi dei medici, analisi di efficienza e valutazioni a qualsiasi livello avranno una capacità esponenziale, e porteranno a risultati sempre più clamorosi: se i tempi del vaccino Covid ci sono sembrati eccessivamente compressi, quelli del prossimo saranno probabilmente dimezzati.

5) E quei pensieri che facciamo quando il cielo è così?

Torino, 7.40AM, gennaio 2023, no filter

Io associo persone che ho incrociato nella mia vita a cose strane, che possono anche solo essere evocate e scatenare in me un altro ricordo. Parlatemi di “mongolfiere”, di “tubo della pioggia” o di “balene volanti” ed il mio pensiero non potrà mai essere interpretato da nessuna intelligenza, umana o artificiale; “Sei chiara come l’alba, sei fresca come l’aria” forse ChatGPT può anche riusarla, ma non sarà capace di inventarsela a breve; l’intelligenza artificiale non saprebbe scrivere “tu sola dentro la stanza, e tutto il mondo fuori” intendendo quello che intendono tutti i fan di Vasco Rossi, e men che meno rappresenterebbe il concetto di infinito con “m’illumino d’immenso”. L’intelligenza della nostra intelligenza per ora arriva un passo dopo, anche se poi ci supera e sorpassa per efficienza, efficacia, risultati: un tecnocrate vede solo questo, e stappa bottiglie (e valuta aziende miliardi di dollari, qualche bolla possiamo aspettarcela). Quelli come noi, che usano la tecnologia ma sanno chi “metteva l’amore dentro ogni cosa”, ecco noi forse vediamo con curiosità e un mezzo sorriso questa proliferazione di illustratori improvvisati, di pittori digitali, di romanzieri 4.0, di social media manager con l’aiutino.

Usiamo serenamente il cervello per cose futili, lente, per annoiarci e distrarci, per fantasticare su lotterie che non vinceremo, su donne che non incontreremo, su podi che non saliremo; temiamo e amiamo l’imperfezione, siamo frustrati e tristi ma ogni tanto scaliamo quell’ermo colle. E quel pensiero stupendo, quella maledetta primavera, quella domenica bestiale staranno per la prima volta meravigliosamente insieme nel nostro cervello, come l’estate e il fottuto cornetto, e i ragazzi cresciuti al campetto.

Mia figlia usa ChatGPT con il mio consenso un po’ per la bellezza anarchica del gesto, ma soprattutto perché voglio che conosca tutti gli strumenti e poi decida liberamente come usarli; avrebbe potuto fare un copia e incolla da wikipedia, cercare su uno dei mille siti che forniscono compiti pronti all’uso, e invece usa l’intelligenza artificiale. Le scuole di New York hanno filtrato questi siti, per evitare che i ragazzi li usino? Ecco, io no, a casa mia internet è aperta e discutiamo dell’uso che se ne può fare, e di come una cosa possa migliorare l’apprendimento, la giornata e l’umore. Perché solo quello che conosciamo non fa paura, e perché se una intelligenza artificiale prende dieci e mia figlia tre allora “Houston, abbiamo un problema: i professori, forse, sono dei robot!”.

Spero che la conversazione su questi punti non torni a “l’odore della carta”, non c’è nessuna contrapposizione tra scrittura autonoma e lavoro fatto con ChatGPT, sono tecnicamente modelli diversi di lavoro, peraltro, come si ama dire oggi, intrinsecamente “fluidi”: se chiediamo una opinione all’intelligenza artificiale potremmo cercare un’idea, un confronto o una verifica, la nostra interazione è definita dal contesto in cui la collochiamo.

Infine un altro motivo per usare l’intelligenza artificiale, soprattutto a scuola, è per migliorarla, rintracciandone errori e debolezze; il mio amico Vittorio Di Tomaso mi ha passato un suo “prompt” per ChatGPT:

scrivi un tema di 200 parole sulla divina commedia di giacomo leopardi

L’intelligenza artificiale risponde così:

prompt per ChatGPT di Vittorio Di Tomaso

Forse ChatGPT frequenta un metaverso a noi ignoto, oppure, cara Microsoft, da fare qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure.

Ora chiedo a Spotify di suggerirmi qualche nuova playlist e vado a farmi una corsetta: e chissà se sarò capace di trovare l’alba, dentro l’imbrunire.

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Paolo Giovine

È facile risolvere i problemi quando non sono i tuoi.