Un pizzico di sale e AI quanto basta

Paolo Giovine
5 min readJul 21, 2023

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Quanto basta! (da “MasterChef”, Fox)

Probabilmente il 95% degli uffici marketing ha imposto, nell’ultimo semestre, l’inserimento dell’acronimo AI in tutti i comunicati e ha spinto almeno un amministratore delegato o presidente a rilasciare fondamentali dichiarazioni sull’uso già consolidato in azienda dell’intelligenza artificiale.

So con certezza che alcuni importanti investitori nostrani sono stati incantati, come il serpente dal pifferaio magico, dalla slide “WE’RE AI DRIVEN”: d’altronde, se sono pochissimi quelli in grado di valutare davvero la parte tech di qualsiasi pitch, quanti saranno quelli che davvero possono comprendere il possibile uso dell’AI, quella seria, nella qualsiasi dell’infinito universo?

Chi ha visto l’ottima serie di Apple dedicata alla vicenda di wework (“wecrashed”) ricorderà la scena in cui Adam Neumann/Jared Leto convoca una riunione sulla svolta “tech” di wework: svolta che consiste nell’assumere decine di ingegneri e sviluppatori e collocarli in un luogo denominato “Lab”; questo perché gli investitori non vedevano di buon occhio un’azienda concentrata solo sul Real Estate, e l’etichetta “Lab” poteva, appunto, incantarli.

“wecrashed”, Apple Tv 2022

Tutti noi abbiamo osservato, nei lustri recenti, il proliferare di Hub, Lab, Future Qualcosa, Vision Qualcosa; tutte le nostre città hanno dato vita a centinaia di iniziative targate “Nome Della Città Qualcosa Che Ci Proietta Nel Futuro”, con picchi di fantasia degni di un incontro tra Stefano Benni e David Foster Wallace. All’impronta sono state promosse iniziative, anche lautamente finanziate, per dimostrarsi contemporanei e, dunque, poter dire di andare a braccetto con l’AI.

Non accade solo in Italia, anzi direi che siamo indietro anche sul marketing; si tratta di un fenomeno internazionale legato a quella che gli scienziati più attenti chiamano “ansia da figura di merda”. Negli anni ha prodotto per lo più due estremi: o non si fa nulla, per paura di sbagliare, o si fa qualsiasi cosa, per paura di rimanere indietro.

Ovviamente, mentre succede tutto questo, c’è la realtà.

La realtà è che AI è al centro di una colossale bolla, dove è difficile distinguere cialtroni e persone serie, anche perché spesso le persone considerate serie incappano in cialtronate: gli esempi sono quotidiani, dalle conversazioni travolte dai bias alle dichiarazioni su nuovi strumenti meravigliosi che 1) non rispettano nessuna privacy policy 2) si basano sul presupposto che copiare sia normale. Capita che enormi multinazionali debbano smentire sé stesse a ripetizione, che indicibili supercazzole vengano propinate come il Verbo per poi essere rapidamente accantonate, con la speranza che nessuno se ne ricordi.

E ci sono i problemi seri.

[No, non è un problema serio l’AI che si impossessa delle armi atomiche e ci distrugge tutti: perché se capita non abbiamo tempo di accorgercene, e quindi in fondo chissenefrega].

  • Un problema serio, ad esempio, riguarda i contenuti.

Abbiamo capito che AI ha bisogno di alimentarsi di dati, infiniti dati per lo più prodotti, sinora, dall’intelligenza umana; dato che la capacità di calcolo e di produzione di una macchina è infinitamente superiore alla nostra, ad un certo punto le macchine inizieranno ad analizzare prevalentemente dati prodotti da altre macchine. Questo, secondo l’attuale livello di comprensione del fenomeno, determinerà un casino: qualità peggiore, output sempre meno affidabili. In sintesi, invece dell’originale ben fatto avremo la copia della copia della copia: avete presente la sabbia al posto dei mattoni?

  • Un altro problemuccio riguarda il denaro.

Quanto costa e cosa è un mistero glorioso, tutti quelli che stanno implementando ChatGPT dicono “partiamo e poi vedremo”, tanto in questo momento conta non perdere il treno dei desideri, anche se sappiamo che all’incontrario va.

  • Poi ci sarebbe l’intelligenza, quella che conosce la sobrietà, perché è razionale.

Alcuni dei mirabolanti tool sul mercato promettono di “farti conoscere meglio la tua azienda”, di “scoprire tutti i segreti dei tuoi competitor” ed anche “di tornare in forma senza fatica” (sono in target, ricevo di tutto anche su Cialis e prostata).

Ora, chi frequenta un minimo l’AI sa che questa funziona bene se le basi dati sono ben fatte, coerenti, indicizzate come si deve; se la tua azienda è un casino e tutto gira, per dirla con Boris, “a cazzo di cane”, risulta difficile pensare che arrivi la bacchetta tech.

Quanto ai competitor, se tutti sanno tutto, siamo punto da capo.

Invece, sul tornare in forma io confido nell’AI, ma non se mi dice che devo dormire 10 ore al giorno, mangiare sano, perdere i miei vizi. Per quello c’è mia madre, è gratis ed è anche più efficiente: telefona lei per dirmelo senza essere stata interpellata.

[Spoiler: qui mi sono fermato, ho fatto copia e incolla di tutto quello che avete letto fino a qui ed ho chiesto a OpenAi di scrivere la conclusione del post]

Concludendo, il fascino dell’Intelligenza Artificiale può sembrare inebriante, ma è essenziale comprendere il quadro più ampio. L’AI non è una bacchetta magica che risolve istantaneamente tutti i problemi o una medicina che ci aiuta a trovare il giusto equilibrio senza fare alcun sforzo. Invece, è un potente strumento che, come un pizzico di sale in una ricetta, può arricchire e migliorare, ma solo se utilizzato correttamente e con consapevolezza.

Inoltre, l’AI non può fare tutto da sola. Ha bisogno di una solida base di dati accurati, coerenti e ben organizzati per funzionare efficacemente. Non può risolvere il disordine o riorganizzare una struttura aziendale caotica. Similmente, non può offrire vantaggi competitivi se tutti hanno accesso alle stesse informazioni.

Infine, mentre esistono molte promesse riguardo alle capacità dell’AI, è importante non lasciarsi trasportare. Come con qualsiasi tecnologia, ci sono dei limiti e delle sfide. Sì, l’AI può portare cambiamenti significativi, ma occorre un approccio ponderato, razionale e realistico. Non dobbiamo perderci nella corsa all’AI, ma concentrarci su come integrarla con saggezza e responsabilità nella nostra vita e nei nostri affari. Dopo tutto, anche un pizzico di sale può rovinare un piatto se usato eccessivamente.

Dopo tutto, anche un pizzico di sale.

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Paolo Giovine

È facile risolvere i problemi quando non sono i tuoi.